Patriarcato, figli e figlie

[Ci ho pensato su. Forse non era il caso, ne parlano già in tanti. Ma poi mi sono detta: perché no?]

 

Ho tre figli: due maschi e una femmina.

I due grandi studiano ingegneria: un maschio e una femmina. Hanno venti e ventun anni.

Come non farsi delle domande? Come non immedesimarsi in quelle famiglie? Entrambe.

In tutta questa brutta storia ne esce lei: Elena Cecchettin.

Per chi si aspettava una sorella affranta, distrutta dal dolore, si è ritrovato di fronte lei. Una gigantessa.

Incazzata nera. Non sottomessa. Non annichilita.

Lei, che sostenuta da un padre alto e dritto, ha deciso che la morte di sua sorella non dovesse essere un dolore privato, ma una denuncia forte. Un punto di partenza, non una fine.

Ogni sua intervista, ogni sua parola è stato uno squarcio di luce.

Il problema non è un ragazzo che ha ammazzato in modo atroce una ragazza. Il problema è una cultura che ha portato a questo. Elena Cecchettin l’ha detto in modo chiarissimo.

I pensieri nella mia testa si affollano, si sovrappongono ed è difficile scrivere mettendoli in riga.

Come tutti in questi giorni ho seguito le notizie, i commenti. Ho letto di tutto.

Alcune frasi mi sono rimaste impresse.

Il padre di lui, sconvolto, frastornato, a un certo punto dice più o meno: non ci ha mai dato problemi, anche a scuola, andava bene, mai un problema disciplinare.

Ecco, la scuola. Una scuola che valuta la condotta in base al silenzio. Se te ne stai nell’ombra, se pensi ai tuoi voti, se studi, avrai dieci in condotta. A nessuno frega nulla se aiuti i compagni, se sei empatico, se ti fai delle domande. Anzi. Meno te ne fai meglio è. Meno spirito critico hai, meglio è. Una scuola che premia chi non crea problemi.

In questi anni di liceo ho letto circolari che chiedevano alle ragazze di mettersi il reggiseno durante l’ora di ginnastica perché distraevano i ragazzi. Il problema non erano i ragazzi incapaci di sostenere la vista di due seni che si muovono, ma le ragazze che provocavano.

Ho sentito durante i consigli di classe lamentarsi che i ragazzi facevano battute sessiste, ma il tutto condito con una battutina e comunque nessun conseguente provvedimento. Così: ve lo dico ma in fondo non è così grave.

Tornando indietro nel tempo, ho sentito madri lamentarsi perché un’insegnante delle elementari aveva ripreso in modo energico davanti a tutta la classe un bambino che aveva sollevato la gonna a una bimba in bagno. Madri preoccupate per la sensibilità del bambino sgridato davanti a tutti e minimamente preoccupate per una bambina che faceva la sua prima esperienza di abuso. Povero piccolo… Le madri, noi madri: per i nostri cuccioli maschi faremmo di tutto.

La questione, secondo me, è che negli ultimi anni si è lavorato tantissimo sulle bambine e sulle ragazze, Abbiamo raccontato loro che possono fare quello che vogliono, che hanno il diritto di studiare quello che vogliono, di andare dove vogliono. Però che devono scappare dalle relazioni abusanti, che devono denunciare, che non devono mettersi in situazioni pericolose, che devono stare attente a come si vestono. Per loro c’è sempre un “però”.

E loro, stelline l’hanno fatto! Escono la sera, lasciano fidanzati, denunciano. Stanno attente a come si vestono, cercano di prendere delle precauzioni quando escono. Ma il risultato è che vengono ancora ammazzate. Perché in fondo si dice loro che non tutti gli uomini sono così, che alcuni comportamenti sono “normali”. E loro stelline alla fine si dicono “dai, lui non è così in fondo” e si fidano.

È giunto il momento di lavorare sui bambini e sui ragazzi. Spiegare loro che cos’è la felicità.

Perché quelli che ammazzano non sono mostri: sono ragazzi, uomini normali. Cresciuti con una cultura che li vuole forti, di successo, sicuri di sé e risoluti. Incapaci di riconoscere di avere torto. Sono convinta che quello che dà fastidio e che preoccupa loro non è essere lasciati, perdere il controllo su una donna, perché alla fine a loro del giudizio delle donne poco importa: a loro interessa il giudizio degli altri maschi. Se vieni lasciato sei uno sfigato. Se la tua compagna ha successo, è libera, sei uno sfigato. Ho visto uomini essere super collaborativi in casa, lavare, cucinare, stendere… e poi dire che lo fanno perché “lei non è capace”.

Purtroppo, siamo tutti pervasi da questa mentalità, ci siamo nati, ce ne siamo nutriti. E ci sembra normale quello che normale non è. Ci sono battute che io ormai non tollero più. Perché alla fine la verità si dice scherzando, perché è proprio attraverso le battute che spesso esce il nostro vero modo di pensare.

Perché non si insegna che la felicità viene dal rispetto, dall’essere amati e non dall’essere temuti? Dall’essere cercati e non dall’essere imposti?

Sono madre di due maschi. Molto diversi tra loro. Cerco di fare del mio meglio perché vorrei che fossero felici, ma veramente felici.

Sono madre di una femmina. Cerco di fare del mio meglio perché vorrei che fosse felice, ma veramente felice.

A tutti e tre vorrei insegnare ad essere liberi. A non aver paura. Ad affrontare la vita a testa alta. Che il problema non sono le cadute, ma come ci si rialza.

È difficile oggi giorno fare il genitore, perché siamo pieni di limiti, preconcetti, comportamenti che ci sono entrati nelle ossa. Ai quali magari abbiamo cercato di ribellarci, ma che alla fine fanno parte di noi.

Combattere il patriarcato non significa combattere gli uomini: dovrebbe significare rivoluzionare l’educazione degli uomini. Ma per molti questo significa renderli più fragili, quando in realtà dovrebbe essere renderli più forti, più liberi dai giudizi, più liberi di essere sé stessi. Gli uomini, quando sentono “lotta al patriarcato” sollevano gli occhi al cielo, anche quelli più “avanti”, quelli che si ritengono non abusanti, equilibrati. Perché? Perché anche io mi sento strana a scriverlo, a sostenerlo? Patriarcato non è necessariamente un padre che picchia, un marito violento, un fidanzato ossessivo. È una costruzione sociale che in Italia molti difendono e sostengono, ritenendolo il fondamento di una società ordinata e pacifica. Per poi sorprendersi perché gli uomini ammazzano le donne, ritenendoli dei casi isolati, “mostri” che vanno punti in modo esemplare. Quando in realtà sono figli di giustificazioni, battutine, del mito del maschio.

Elena Cecchettin in questi giorni ha fatto molto, moltissimo. Intelligente, razionale, decisa.

A lei la mia stima e il mio ringraziamento.

Anna Rossi, Milano

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